Sin dal suo primo rilascio, nel lontano 2004, Ubuntu si è imposta nel settore dei sistemi Linux come la distribuzione di riferimento per i comuni PC desktop. Negli ultimi anni però le cose sono cambiante e gli utenti hanno iniziato a guardare verso altri lidi. Nell'articolo di oggi vi illustreremo i motivi principali che spingono le persone verso le principali alternative presenti nel panorama Linux.
Il formato Snap
Malgrado gran parte delle distribuzioni abbia scelto di adottare il formato di pacchetti precompilati Flatpak, sviluppato da Red Hat, su Ubuntu invece troviamo il formato, realizzato da Canonical, chiamato Snap. I due sistemi fanno essenzialmente le medesime cose e sono altrettanto validi, l'utente comune infatti non nota la differenza tra i due. Tale situazione però è una replica del contesto in cui hanno vissuto per anni gli sviluppatori software Linux, ovvero la fastidiosissima frammentazione dei formati standard e la rivalità tra DEB ed RPM che oggi si sta ripresentando in egual misura tra Snap e Flatpak senza alcun motivo valido.
Ancora una volta Canonical sta dunque cercando di "imporre" i suoi standard senza effettivamente dialogare con la community e di fatto frammentando l'ecosistema oltre a portare di fatto confusione negli utenti appena approdati su Linux, che si ritrovano a doversi barcamenare tra due formati concorrenti che fanno le medesime cose.
Confusione nei repository
Come se non bastasse anche i pacchetti all'interno dei repository sono organizzati e nominati non in modo standard ma seguendo le logiche dei mantainer di Canonical. Per fare un esempio concreto prendiamo i pacchetti di GNOME 42. In Ubuntu 22.04 sono stati inclusi un mix di pacchetti provenienti sia da GNOME 42 che da GNOME 41, questo non solo può generare dei problemi di compatibilità con alcuni applicativi di terze parti, ovviabili tramite l'uso di PPA esterni, ma di fatto va a rompere la formula di user experience proposta dal team di coder GNOME.
Poco supporto per le release intermedie
Un altro fattore che può dare fastidio è lo scarso supporto delle release non-LTS (Long Term Support). Anche per un utente desktop medio nove mesi di supporto possono essere pochi, ad esempio distribuzioni come Fedora ne offrono quindici. Basterebbe poco a Canonical per allungare il supporto alle standard release a dodici mesi e garantire quindi un anno completo di update di sicurezza. Tale contesto spinge tanti utenti o a migrare alle versioni LTS, perdendosi cosi però diverse novità interessanti per anni, oppure ad optare per le distribuzioni alternative.