Se l´affermazione Linux su desktop continua a sembrare una mera utopia da una parte, mentre dall´altra c´è la convinzione che si sia man mano più vicini a tale obiettivo grazie agli sforzi di alcuni, c´è chi riduce (parzialmente) la soluzione a un semplice punto. E la soluzione si chiamerebbe app store.
In un articolo pubblicato su TechRadar, si tenta un´analisi di quello che è appunto il fenomeno app store, nato per volere di Apple e poi sempre più diffuso su altre piattaforme - Android Market e Chrome Web Store, tra le più note - con un successo del tutto inaspettato:
[...] c´è qualcosa di molto intuitivo nell´idea di un app store, e sto cercando di capire perché non sia avvenuto prima. Questo è vero in particolare per Linux, che ha avuto una certa approssimazione verso un App Store per più di un decennio.
Salvo pochissime eccezioni, questa è un´occasione mancata per poter offrire all´utente un approccio quanto più semplice possibile nella gestione del software. Ma la colpa, secondo l´autore dell´articolo, starebbe nella poca maturità delle distribuzioni; arrivando infine a proporre una propria soluzione.
Non è colpa degli sviluppatori dei gestori pacchetti - è tra le competenze di molte soluzioni Linux essere superficiali piuttosto che perfette [...] credo che il free software abbia bisogno di un framework aperto, portabile e ampiamente adottato che ridefinisca l´installazione del software [...]
Il problema di fondo, secondo l´autore dell´articolo, sembrerebbe legato alla poca semplicità nella gestione del sistema, che lo renderebbe poco appetibile a chi volesse migrare da un altro sistema operativo. Ma è davvero così?