Ormai da qualche anno il web è uscito dalla fase primordiale dei contenuti statici, e nella trasformazione verso il web semantico si rafforza il processo di organizzazione per giungere all'informazione strutturata.
Nel Web 2.0, poi, i dati diventano spesso indipendenti dalla persona che li produce e spesso anche dal sistema su cui vengono generati. L'accesso dell'utente al lato produttivo e le piattaforme basate sulla condivisione aumentano in modo esponenziale il volume globale di risorse e la loro interconnessione, anche grazie allo sviluppo di API che aumentano l'interoperabilità tra piattaforme differenti.
Astraendoci ad un'ottica più ampia dell'informazione digitale, osserviamo che la complessità dei siti aumenta e che l'albero della struttura si è esteso non tanto orizzontalmente nella diversificazione dei contenuti, quanto invece in profondità . Già nel 2003 Luca Rosati pubblicava sul suo blog i risultati di alcuni studi sulla struttura dei menu gerarchici, dimostrando che questa profondità spesso nuoce alla fruibilità dell'informazione: la soluzione di questo problema ha richiesto un fondamentale intervento umano nel disciplinare la struttura, affinché la crescita delle informazioni non ne limitasse la fruibilità lato utente.
Insomma, nellÂ’attività del content management l'attenzione si sposta sempre di più dalla semplice aggregazione dei contenuti alla più complessa organizzazione strutturale. E non è per certi versi un caso che il 2006 abbia visto crescere la domanda di esperti in architettura dellÂ’informazione e di content management da parte di aziende come Google e Yahoo.
Tuttavia il problema della struttura riguarda anche realtà più piccole che pubblicano un minor volume di informazioni, per esempio più settoriali e specialistiche. In base alle vostre esperienze in progetti reali quanto è avvertito, anche da parte dei clienti, il problema di una efficace strutturazione dei contenuti?