Apple è magica a livello di marketing. Sa promuovere tutto senza promuovere nulla, con poco ottiene moltissimo, occupa i canali promozionali come nessun altro gruppo sa fare. Riesce a pilotare il filo del discorso, a deviare la percezione del prodotto. Vende sogni fatti a hardware, e ci riesce bene. Benissimo. Con l'iPhone, però, ha fatto qualcosa di ulteriore.
Basta guardare le foto dei clienti in coda per l'acquisto del telefonino. Benché in Italia il fenomeno sia stato meno avvertito e forse in qualche modo forzato (pochi negozi aperti, in posti strategici, ed in un'ora in cui la coda si notasse), anche qui c'è chi si è messo diligentemente in fila per esserci. Per partecipare. Essere in coda significa far parte di una comunità di acquirenti che stanno per andare ad acquisire un forte senso d'appartenenza. Significa partecipare in prima persona alla costruzione del significato. Significa fotografarsi l'un l'altro, così che ognuno trasformi l'altro in pubblicità al telefono: siamo tutti testimonial, basta esserci.
Le code hanno un significato profondo. E dovrebbero insegnare molto. Perché spesso, troppo spesso, quando si pensa al cliente si pensa a qualcuno che sta dall'altra parte della barricata, qualcuno con cui non ci si deve mischiare, come se la propria immagine possa essere contaminata. Invece quando si lascia "entrare" il cliente lo si fa per certi versi carnalmente proprio, l'unione che si crea va oltre il semplice servizio. Molti avevano prenotato l'iPhone senza nemmeno sapere quanto sarebbe potuto costare, e tutto cià non certo in tempi di vacche grasse.
C'è da imparare molto dall'esempio dell'iPhone. Perché spesso sembra che il cliente non capisca, ma in verità è il venditore a non capire quello che realmente vuole il cliente. E raramente il cliente vuole solo un oggetto: tutto, a questo mondo, ha dentro sé un seme significativo.
Costruire una brochure, progettare un sito web, ideare un logo: la responsabilità che si ha in mano è enorme: sottovalutarla significa già partire perdenti.