IBM ha portato su Linux il famigerato chip TPM, il Trusted Platform Module. Questo componente fornisce una crittografia hardware sicura che permette di cifrare qualunque tipo di dato, e di validare il kernel o gli altri programmi in esecuzione sul sistema.
Viene così fornito un metodo semplice ed immediato per controllare che il sistema sia stato compromesso oppure no: la validazione avviene tramite una firma digitale, utilizzando le chiavi di cifratura contenute nel modulo e quindi non modificabili. Qualunque file generi una firma non valida è immediatamente identificato come compromesso. Ovviamente non sono tutte rose e fiori.
Il chip, infatti, permetterebbe anche ai fornitori di software e hardware di controllare che i propri utenti non utilizzino dei software modificati (si pensi ad un root-kit). Da qui a controllare che nessun software possa girare senza un´autorizzazione dall´alto il passo è decisamente breve.
E se tutto ciò può sembrare normale in un ambiente aziendale, di certo non è altrettanto accettabile per un´utenza abituata ad utilizzare il proprio computer in maniera libera.
Perché altro avremmo scelto Linux altrimenti?