I social media si stanno trasformando in un incubo per i lavoratori, soprattutto se affollati di colleghi. È quanto rivela una nuova ricerca, condotta da WhoIsHostingThis e riportata da Forbes, relativa al rapporto sempre più conflittuale tra professionisti sulle piattaforme social più diffuse. Questi servizi diventano infatti un'arma a doppio taglio, non solo per superiori desiderosi di invadere la privacy dei loro dipendenti, ma anche per colleghi poco corretti che potrebbero sfruttarli a loro vantaggio.
La questione non è certamente nuova: da quando esistono i social network, sempre più lavoratori segnalano abusi perpetrati ai loro danni. Qualche anno fa, ad esempio, aveva destato polemiche sulla stampa la pretesa di alcuni recruiter di poter visualizzare gli account privati dei candidati, obbligandoli a fornire le loro password.
E anche quando la privacy non viene esplicitamente violata, come nel caso già citato, è consuetudine fra gli esperti HR passare al setaccio tutta la Rete alla ricerca di informazioni più o meno imbarazzanti su papabili dipendenti. Negli ultimi tempi, tuttavia, altre modalità fastidiose si sono aggiunte a questo quadro poco edificante: quella della gestione dei colleghi.
Se accettare la richiesta di amicizia di un collega appare un atto praticamente dovuto, anche per semplice quieto vivere, gli usi impropri potrebbero essere molto pericolosi. Secondo i dati raccolti da WhoIsHostingThis, su un campione rappresentativo di 900 impiegati, emergerebbe un profilo a dir poco inquietante:
- il 51% degli intervistati ritengono che i loro account social potrebbero essere usati contro di loro in ambito lavorativo, ad esempio per una vendetta
- il 16% del campione riporta abusi colloqui di lavoro
- un lavoratore su cinque dichiara di aver subito angherie da colleghi o superiori, tramite l'uso improprio di un profilo social.
Non sembra esservi una precisa soluzione a un problema tanto esteso, se non nel rendere privati