Gli sviluppatori di Brave Browser, applicazione Open Source per la navigazione Web basata sulla codebase di Chromium, hanno introdotto una nuova funzionalità chiamata De-AMP che ha il compito di bloccare le pagine AMP.
Cosa sono le pagine AMP
Queste ultime, Accelerated Mobile Pages, sono una soluzione di Google che consente di restituire una copia cache delle pagine Internet di un sito Web prelevandola direttamente dai server di Mountain View.
Le AMP sono state pensate appositamente per i dispositivi mobili con lo scopo di rendere più immediata la visualizzazione dei contenuti garantendo, nel contempo, un risparmio in termini di consumo dei dati di traffico.
Tale framework è stato spesso al centro di polemiche sia per questioni inerenti il rispetto della privacy che per via del fatto che Google potesse così centralizzare una quota rilevante del traffico veicolato dai siti Web.
A ciò si aggiunga anche il timore, fino ad ora non motivato, che Google potesse favorire le pagine AMP tra i risultati delle ricerche.
Come funziona De-AMP
Per i responsabili di Brave Browser le pagine AMP possono comportare dei danni per gli utenti, De-AMP entrerà quindi in azione automaticamente ogni volta che ne rileverà una e ne sovrascriverà i link o gli URL in modo da restituire la pagine Web originali.
Nel caso in cui ciò non dovesse essere possibile Brave effettuerà un redirect prima che la pagina venga renderizzata e che il codice AMP venga scaricato ed eseguito.
Brave: perché AMP è dannoso
Secondo quanto dichiarato dai portavoce del progetto nato per volontà del creatore di JavaScript e cofondatore della Fondazione Mozilla Brendan Eich, AMP non sarebbe altro che un ulteriore sistema con cui Google raccoglie informazioni sulle abitudini online degli utenti.
Contestualmente la tecnologia di Big G non sarebbe sempre in grado di garantire performance più elevate rispetto alle pagine Web che non la utilizzano e la situazione potrebbe peggiorare con il rilascio di AMP 2.0.
Attualmente AMP non viene implementato in seno a Google in quanto è stato affidato nelle mani di un gruppo di contributor Open Source, per chi contesta il suo funzionamento ciò non rappresenta però una garanzia sufficiente in termini di sicurezza.