Google introdusse la tecnologia AMP (Accelerated Mobile Pages) con lo scopo di fornire uno strumento che permettesse di velocizzare il caricamento delle pagine Internet sui dispositivi mobile. Allora era già chiara l'intenzione da parte di Mountain View di favorire il posizionamento dei contenuti mobile first su quelli concepiti per il Desktop e ciò determinò un'adozione molto diffusa di AMP proprio da parte dei titolari di siti Web che temevano di essere superati in SERP (Search Engine Result Page) dalla concorrenza.
AMP: una scelta obbligata?
AMP però non garantiva unicamente dei vantaggi, ammesso che quelli promessi fossero effettivamente ottenibili in cambio di sottostare alle ferree specifiche del progetto, e già nell'immediato il suo funzionamento non mancò di suscitare diverse perplessità. In sostanza infatti le pagine AMP non sono altro che delle copie ottimizzate di altre pagine Web (o pagine "canoniche") scritte utilizzando un markup simile all'HTML ma con caratteristiche proprie.
I contenuti proposti in questo modo, e raggiungibili tramite i risultati delle ricerche su Google, vengono serviti sotto forma di copie cache attraverso i server della società californiana che offrono certamente prestazioni elevate ma sottolineano quella che è probabilmente la principale criticità di tale tecnologia: tutto il traffico prodotto passa per i Data Center del motore di ricerca più grande del Mondo.
Nonostante l'esistenza di questo problema, per il quale in molti non hanno potuto fare altro che interpretare AMP come un nuovo sistema escogitato da Big G per attrarre utenti verso la propria piattaforma, il rischio di perdere punti in termini di posizionamento ne ha sostanzialmente imposto l'impiego in un gran numero di siti Web.
Il tramonto di AMP
Fortunatamente tale situazione sembrerebbe destinata a cambiare grazie ad un aggiornamento dell'algoritmo di Google che diventerà operativo entro giugno. In seguito alla sua implementazione tutte le pagine in grado di conseguire un punteggio elevato in termini di Page Experience potrà vedere i propri contenuti in evidenza, questo significa che i gestori delle pagine Internet non saranno più obbligati ad utilizzare AMP per posizionarle in modo soddisfacente.
Tele decisione sarebbe stata motivata dall'osservazione che non di rado le pagine AMP non riuscirebbero a conseguire gli stessi risultati delle pagine standard per quanto riguarda la Page Experience, dal punto di vista di questa metrica infatti il fatto di non poter utilizzare liberamente script JavaScript personalizzati, o altre soluzioni basate sulle tecnologie standard per il Web, rappresenta un vero e proprio limite.
Il framework AMP consente sì di replicare molte delle funzionalità ottenibili con altre librerie ma paradossalmente ciò rischia di riflettersi proprio sulle performance che dovrebbero essere il punto di forza di questa tecnologia.
A ciò si aggiunga che un aumento dei tempi di caricamento delle pagine si traduce molto spesso in una flessione delle revenue, tanto che diversi titolari di siti Web che impiegavano AMP avrebbero lamentato una diminuzione delle conversioni in favore di un (ipotetico) miglioramento del posizionamento.
Cosa cambia con il Google Update di giugno
Inizialmente Mountain View aveva programmato il Page experience update per questo mese per poi rimandarlo al prossimo pur sottolineando che esso non dovrebbe avere particolari ripercussioni sui risultati di ricerca.
Tra le altre novità attese vi sono per esempio l'eliminazione del badge AMP (che però dovrebbe essere rimosso gradualmente), l'esclusione di AMP come dotazione necessaria per l'ingresso di Google News (sia su mobile che su Desktop) che la cancellazione del criterio che vedeva tale tecnologia indispensabile per visualizzare i propri contenuti nel carosello delle prime notizie in Google.