L'industria della pubblicità si sta evolvendo rapidamente e ha davanti a sé diverse strade, secondo diversi analisti del settore la strada migliore sarebbe quella di seguire un modello open. L'advertising industry lavora spesso con i grandi brand e chi opera in questo mondo ha la convinzione che le piccole e medie imprese non possano assicurare dei buoni affari.
Se questo era vero fino a qualche decennio fa oggi, in un mondo completamente globalizzato e saturato dai grandi brand, è sempre più difficile realizzare campagne pubblicitarie in modo che siano incisive e permettano di espandere il pool di potenziali clienti. Dunque è tempo di ripensare le strategie e il modello "open source" potrebbe rappresentare il prossimo step evolutivo del comparto pubblicitario.
Oggi la maggior parte delle aziende è una PMI (piccola o media impresa). Dunque è ormai incomprensibile non considerare questa enorme fetta di mercato; le PMI contribuiscono in media al 51% del PIL delle nazioni economicamente più affermate. Negli ultimi decenni inoltre si sta sviluppando sempre di più il concetto di "personal brand", ovvero il processo attraverso cui un'azienda, o una persona, definisce i punti di forza (conoscenze, competenze, stile, carattere, abilità, ecc.) che la contraddistinguono in modo univoco.
Le PMI e i singoli stanno puntando molto sul personal branding per espandere la platea dei potenziali clienti rendendosi appunto più appetibili tramite social network, blog, "influencer" o "guru" del settore. Le PMI non hanno a disposizione enormi budget da destinare ad una campagna pubblicitaria aggressiva, dunque le advertising agency devono utilizzare nuovi mezzi di persuasione per convincerle ad investire sulla pubblicità. Grazie allo sviluppo della Rete si è passati ad un utilizzo sempre più massiccio degli strumenti della Big Data analytic.
Le aziende che vogliono raggiungere una fetta sempre più ampia di clienti sono di base molto interessate al pensiero e alle abitudini dei proprio clienti. Quindi realizzando un sistema comune ed aperto dove poter reperire ed usare i Big Data, condividendoli tra le varie PMI e le advertising agency, permetterà lo sviluppo di un mercato pubblicitario sia trasparente, perché tutti gli operatori avranno gli stessi dati a disposizione, quanto innovativo e alla portata delle PMI. Permettendo quindi alla maggior parte delle agenzie di raggiungere il loro target e, contemporaneamente l'advertising industry, avrà accesso ad un mercato immenso.
Un esempio delle potenzialità di un simile mercato è rappresentato da Google, l'azienda californiana in questi decenni ha realizzato un enorme database di Big Data nutrito dalle attività degli utenti. Perché non ripetere la stessa esperienza con modalità più aperte e potenzialmente più trasparenti?
Via Ajinkya Pawar