A pochi sarà sfuggita la querelle che nell'ultima settimana ha visto coinvolti membri di spicco del Working Group HTML5 e Adobe. La cospirazione avrebbe tinte forti e potrebbe essere sintetizzata così: Adobe sta facendo di tutto per rallentare alcune parti di HTML5 e preservare la posizione di monopolio di Flash. Questo almeno è quando lasciano intendere le parole di Ian Hickson:
L'ultima versione pubblicata di HTML5 è stata fatta bloccare da Adobe, per via di un'obiezione che non è ancora stata resa pubblica (nonostante le promesse di farlo).
A rincarare la dose ci ha pensato Prince McLean sulle pagine di AppleInsider, con una ricostruzione dei fatti che lascerebbe poco spazio ai dubbi e che rende ancora più "tesi" i rapporti tra Apple e Adobe, proprio quando tra i due giganti sembrava raggiunta un'intesa e le dure parole di Steve Jobs sulla pigrizia di Adobe, colpevole secondo Cupertino di non impegnarsi a sufficienza nel rilasciare una versione di Flash funzionante per iPhone e iPad, erano quasi dimenticate.
Adobe, dal canto suo, continua a sostenere che non ha alcuna intenzione di sabotare HTML5, e che anzi ne supporta pienamente tutte le evoluzioni, mentre le dichiarazioni in senso contrario non sono altro che bullshit (testuale).
Ma che vantaggio avrebbe Adobe nel sabotare HTML5?
HTML5 dovrebbe incorporare buona parte delle funzionalità oggi fruibili solo attraverso l'installazione di Flash, come la riproduzione di contenuti audio/video e la gestione delle animazioni attraverso; l'elemento canvas
, dovrebbe insomma ridurre il ricorso a plug-in proprietari e rendere l'esperienza web più godibile attraverso un'estensione degli standard.
Sia Google per Youtube, che Apple per iPhone e iPad sono molto interessati allo sviluppo di questo standard, perché ciò consentirebbe loro di emanciparsi da Flash (e quindi da Adobe) e di avere pieno controllo sui propri prodotti (con buona pace del mattoncino blu).
Al contrario, Adobe vedrebbe notevolmente ridursi la diffusione e l'influenza di Flash nel web, con conseguente perdita di posizioni di mercato e una ridotta capacità di trattativa con i big del settore. In poche parole: Adobe non sarebbe più indispensabile quanto oggi.
A mio giudizio, però, è presto per trarre conclusioni in questo senso, anche perché Adobe potrebbe nel frattempo lavorare sulla next big thing e tirar fuori dal suo cilindro un Flash di nuova generazione a cui potrebbe essere difficile rinunciare.
Ma a prescindere da queste considerazioni di scenario, l'episodio non rappresenta certo uno spot positivo per il modus operandi dei gruppi che lavorano intorno alla definizione degli standard web. Tentare di ricostruire nei dettagli quanto è avvenuto per comprendere da che parte possa stare la ragione è complicato, alla fine ci si trova impigliati in un ginepraio di arcani meccanismi di comunicazione interna, per arrivare a beghe e rivalse che hanno spesso molto di personale. Ecco perché alla fine, tra le decine di interventi originati dall'episodio, quello per certi versi definitivo potrebbe essere questo di Ajaxian, che fa un'ottima sintesi sotto forma di link e citazioni, ma che soprattutto enfatizza nel titolo la parola chiave, quella che sintetizza al meglio la sensazione dei comuni mortali che si sono accostati alla discussione tentando di capirne di più: confusion.