Quando si affronta lo studio di un nuovo linguaggio di programmazione le variabili che intervengono sull’apprendimento sono molteplici. In particolar modo hanno importanza i linguaggi già conosciuti perché le similitudini permettono di affrontare meglio la curva di apprendimento che può essere più o meno ripida.
Studiare Java potrebbe risultare per esempio più semplice per tutti coloro che sono in grado di padroneggiare una sintassi simile a quella di C, come nel caso di linguaggi quali C# e C++.
Prima di iniziare ad affrontare un nuovo linguaggio è comunque bene individuarne gli ambiti applicativi. Nel caso specifico di Java e Python parliamo di due soluzioni che sono entrambe “general purpose”, quindi utilizzabili in più contesti, ma se volessimo trovare delle differenze in questo senso potremmo affermare che Java viene spesso associato alla programmazione pura, cioè alla creazione di applicazioni, mentre Python trova ampio uso in procedure come quelle relative all’amministrazione di sistema.
A tal proposito, e forse con una notevole semplificazione, Java viene definito come un linguaggio maggiormente orientato alla programmazione e Pyhon, invece come una soluzione più orientata ai task.
A livello di astrazione Java e Python possono essere considerati due linguaggi simili, possiedono quindi dei costrutti il cui scopo è in generale intuitivo, cosa che non avviene con altri linguaggi praticamente privi di astrazione dove i costrutti sono invece legati a istruzioni concepite nativamente per le macchine.
In Java però un costrutto può essere correlato a più finalità e inizialmente può essere difficoltoso tenere traccia di tutto ciò che viene previsto nel codice, impadronendosi del linguaggio si avrà però a disposizione un vocabolario più ampio con cui affrontare le problematiche del coding.